Rapporto Annuale Covip. Pappa Monteforte "Qualsiasi riflessione impone una maggiore attenzione della Politica"

Lo Stato deve ripensare alle attuali regole fiscali sulla previdenza dei lavoratori autonomi, che sono frammentarie ed oramai ampiamente disorganiche

Nella relazione annuale presentata nei giorni scorsi dalla Covip, un focus ad hoc è riservato alla previdenza complementare. 

Se da un lato, infatti, si afferma come questa - nonostante la crisi finanziaria dovuta anche al conflitto russo/ucraino - abbia “complessivamente mostrato una sostanziale resistenza”, dall’altro si evidenzia “il fondamentale dualismo del sistema” e “la scarsa adesione proprio da parte dei soggetti più fragili”. 

Dai dati raccolti, infatti, la previdenza complementare accoglie prevalentemente uomini, di età matura, residenti nel Nord del Paese. 

Donne, giovani, lavoratori del Sud del Paese continuano invece a essere meno presenti. “Ciò significa – sostiene la Covip - che proprio le figure meno forti, per le quali sarebbe più pressante la necessità di un futuro previdenziale più solido fanno più fatica a entrare nel mondo della previdenza complementare”.

Per la Commissione di vigilanza, due sono “i colpevoli” di tanto: l’elevato livello di contribuzione al primo pilastro pensionistico e l’inverno demografico.

Nel confronto internazionale – si legge nel report -  nei paesi dove la previdenza di base ha un ruolo e una dimensione maggiore – misurata in termini di aliquote contributive obbligatorie ai fini previdenziali applicate sulla retribuzione da lavoro dipendente – il sistema privato – misurato dall’attivo in percentuale del PIL – risulta tendenzialmente meno sviluppato; viceversa, laddove il sistema pensionistico pubblico svolge un ruolo più circoscritto, il sistema privato assume più spesso dimensioni significative”.

Per quanto riguarda, invece, la demografia, nello studio si sottolinea come “il nostro Paese è caratterizzato da un processo di invecchiamento tra i più rapidi a livello internazionale; tale tendenza demografica è destinata a incidere significativamente sulle prospettive di crescita del Paese in termini di prodotto complessivo, che è anche alla base della rivalutazione nel tempo dei contributi versati alla previdenza pubblica. Sono i giovani a rischiare di essere penalizzati, in quanto sono proprio tra le categorie di lavoratori che fanno più fatica a partecipare ai fondi pensione che, verosimilmente, potrebbero garantire loro rendimenti più elevati della rivalutazione che è ragionevole attendersi dai contributi versati alla previdenza pubblica”.

ALCUNI DATI

Gli uomini sono il 61,8% degli iscritti alla previdenza complementare (il 73% nei fondi negoziali), nel solco di quel gender gap che si è già manifestato negli anni scorsi. 

Si conferma anche un gap generazionale: la distribuzione per età, vede la prevalenza delle classi intermedie e più prossime all’età di pensionamento: il 48,9% degli iscritti ha età compresa tra 35 e 54 anni, il 32,3% ha almeno 55 anni e solo il 18,8% è sotto i 35 anni. La situazione è sostanzialmente non dissimile da quella rilevata cinque anni fa.

 Quanto all’area geografica, la maggior parte degli iscritti risiede nelle regioni del Nord (57,1%). 

 

RIFLESSIONI NOTARILI

Gli stessi elementi erano emersi nel corso del convegno dal titolo “Sistema pensionistico notarile e previdenza integrativa”, organizzato dalla Fondazione Italiana del Notariato in collaborazione con la Cassa Nazionale del Notariato, tenutosi giovedì 25 maggio, presso Palazzo Ripetta a Roma.

Imperativo categorico deve essere quello della diffusione della cultura previdenziale, con particolare attenzione ai più giovani: solo muovendosi per tempo risulterà possibile vivere una età avanzata più serena. Un esempio per tutti. Se, a inizio carriera, il libero professionista decide di versare circa 300 euro al mese, a fine carriera, avrà un ulteriore assegno pensionistico di circa 800 euro mensili.

Ma qualsiasi riflessione impone una maggiore attenzione della Politica. 

Discutere oggi di previdenza integrativa significa riflettere a più voci su un argomento centrale del DDL delega per la riforma fiscale, nelle intenzioni del governo da approvare al più presto, anche nell’ottica dell’aumento della deducibilità dei contributi versati a tal fine. Questo potrebbe essere un incentivo all’adesione, soprattutto per il libero professionista.

Lo Stato deve ripensare alle attuali regole fiscali sulla previdenza dei lavoratori autonomi, che sono frammentarie ed oramai ampiamente disorganiche. C’è bisogno di una interpretazione della normativa vigente alla luce dei principi costituzionali e di quelli europei: la lettura dell’articolo 10, TUIR non può essere fatta che in combinato disposto con l’articolo 54 dello stesso testo normativo, in un’ottica di consapevole rispetto dei principi di capacità contributiva, sicurezza sociale e eguaglianza.