Newsletter Comunicazione 27 Ottobre 2022
Età, età pensionabile, giusta età pensionabile. Questa allitterazione racchiude in sè l’essenza stessa di ogni sistema previdenziale.
Se l’età è un dato certo, rappresentando il tempo trascorso dalla nascita, “età pensionabile” e “giusta età pensionabile” esprimono concetti mutevoli, correlati alle dinamiche del momento.
L’aumento della speranza di vita, di certo, incide su qualsiasi ipotesi di articolazione della tematica in esame, di forte impatto sul sistema economico-finanziario del Paese.
Una prima considerazione, apparentemente banale, prendendo spunto dall’innalzamento della vita media, conduce verso una maggiore distanza nel tempo della soglia pensionistica, ben oltre il desiderio dei singoli, che si sentono “traditi” nelle loro aspettative.
Si può parlare di diritti quesiti, cioè di situazioni giuridiche immodificabili da parte dello stesso legislatore?
In termini astratti, esiste un limite invalicabile rappresentato dal divieto di reformatio in peius della “attuale condizione” del lavoratore.
Ma la maturazione del diritto alla pensione non è immediata, presentandosi quale risultato di un processo di cui il tempo è uno degli elementi costitutivi.
Quindi, più che diritto quesito, mera aspettativa.
Come riconosciuto dal Giudice delle leggi, “nel nostro sistema costituzionale non è affatto interdetto al legislatore di emanare disposizioni le quali vengano a modificare in senso sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti di durata … Unica condizione essenziale è che tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l’affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello stato di diritto”. Fino ad affermare che “la stessa struttura di tipo solidaristico di sistemi pensionistici, come appunto quello dei liberi professionisti…, comporta una non necessaria corrispondenza tra i contributi versati e le prestazioni erogate. Al che consegue anche la insussistenza di un diritto dell’iscritto alla intangibilità del trattamento pensionistico vigente nel momento in cui ebbe inizio l’iscrizione. Né con ciò può venirsi a configurare una lesione dell’art. 38 della Costituzione, per il cui rispetto è sufficiente che al lavoratore siano attribuite adeguate prestazioni previdenziali” (Corte cost., 26 luglio 1995, n. 390).
L’equilibrio dei conti nel lungo periodo rimane il vero parametro di riferimento per la legittimità di ogni scelta gestionale, che mai dovrà ledere – comunque – l’adeguatezza delle prestazioni previdenziali offerte.
Nella consapevolezza che manca – alla luce del principio cardine espresso dall’articolo 38 Cost. – una correlazione diretta tra queste ultime ed i contributi versati, in quanto le prestazioni previdenziali non possono in alcun modo essere configurate come corrispettivo del sacrificio patrimoniale subito.
Esiste, al riguardo, una differenza sostanziale tra lavoratore e pensionato.
Mentre è lecito modificare durante il rapporto di lavoro il regolamento della pensione, non è possibile incidere nei confronti del pensionato. Quest’ultimo ha fornito interamente il contributo lavorativo e oggi si limita a riscuotere il corrispettivo pattuito a suo tempo. Da ciò, la necessità di rispettare la normativa vigente all’epoca della maturazione del diritto, oramai immodificabile.
Allora, non solo “giusta età pensionabile”, ma anche “giusta pensione”.
Qualche notazione sulle specificità delle “nostre” regole può offrire una panoramica più chiara:
Per cui, quanto versato viene acquisito legittimamente dalla Cassa Nazionale del Notariato – il cui sistema giuridico-previdenziale di tipo solidaristico trova fondamento, non in norme civilistiche, ma nella disposizione cardine espressa dall’articolo 38 Cost., già citato – senza che il notaio possa vantare diritto alcuno alla restituzione, anche se in specifiche fattispecie la contribuzione pagata dovesse rivelarsi inutile rispetto alla maturazione del diritto alla pensione (articolo 10, dello Statuto Cassa).
L’imperativo categorico è di evitare interventi normativi disorganici e contraddittori, nella consapevolezza dell’importanza del modello di riferimento, da correlare fisiologicamente alla compresenza del requisito contributivo e di quello anagrafico.
Uno sguardo ai colleghi più giovani.
I giovani sono la risorsa del notariato, costituiscono il futuro della professione. Sono espressione di una qualità elevata di formazione tecnico-giuridica e di perseveranza in un percorso post-universitario di certo non facile.
Dobbiamo continuare a ragionare in un’ottica prospettica, capace di assicurare loro un domani sereno, anche pensionistico, a fronte di segnali preoccupanti: il repertorio lordo medio registrato dagli under 35 nel primo anno di attività non supera i 20 mila euro e, in alcuni casi – come nel 2020 – si è fermato a poco più di 12.000 euro.
Ecco allora che assegno di integrazione (quelli deliberati sinora nel 2022 sono 62, le domande da istruire 50, con una stima del totale lordo per assegni di poco superiore ai 2 milioni di euro) e contributo per l’avvio dell’attività (2020, beneficiari 113, erogati euro 247.000 circa; 2021, beneficiari 20, erogati euro 44.000 circa; 2022, beneficiari 11, erogati euro 24.000 circa), ad oggi – pur pesando sui bilanci Cassa – sembrano insufficienti.
Un’ultima considerazione.
A parte l’auspicata modifica del sistema di tassazione delle “rendite” Cassa per liberare maggiori risorse da destinare alla categoria, la previdenza volontaria sembra rappresentare il naturale sviluppo dello status quo, sviluppo che dovrà garantire la “giusta pensione” a chi ha dedicato la propria esistenza all’esercizio della pubblica funzione notarile.
Appuntamento al 4 novembre, per un confronto su queste prime valutazioni e sugli spunti che i partecipanti al dibattito offriranno alla platea.