Ridistribuzione sedi notarili. Martino "Grande lavoro di squadra"

Il Ministero, anche sulla scorta delle valutazioni espresse dalle Corti d’Appello, ha potuto valutare nel modo più corretto le vere necessità della popolazione in ordine al servizio notarile.

Newsletter Comunicazione 25 maggio 2023

Con Decreto del Ministro della Giustizia in data 18/4/2023 pubblicato su G.U. del 10 maggio successivo, è stato rideterminato, riducendolo da 6.270 a 5971, il numero delle sedi notarili.

Tale rideterminazione è prevista dall’articolo 4 della Legge Notarile il quale prevede quanto segue:

1. Il numero e la residenza dei notai per  ciascun  distretto   sono determinati con decreto del Ministro della giustizia emanato, uditi i Consigli  notarili   e  le  Corti   d'appello,  tenendo   conto    della popolazione,  dell'estensione  del   territorio   e   dei    mezzi   di comunicazione, e procurando che di  regola  ad   ogni  posto  notarile corrisponda una popolazione di almeno 5.000 abitanti. 

 2. La tabella che determina il numero e la  residenza  dei   notai deve, udite le Corti d'appello e i Consigli notarili, essere  rivista ogni sette anni, sulla base dei criteri indicati al comma 1 e  tenuto anche conto della variazione  statistica   tendenziale  del  numero   e della tipologia degli atti ricevuti o autenticati dai notai,  e  può essere modificata parzialmente anche entro  un  termine   più  breve, quando ne sia dimostrata l'opportunità. 

Come evidenziato dalla ampiamente motivata e approfondita relazione di accompagnamento, il predetto articolo 4 è stato oggetto di una novella complessiva, dapprima da parte dell'art. 1, comma 144, lettera a), della legge 4 agosto 2017, n. 124, la quale ha disposto la modifica dell'art. 4, comma 1 e, poi, dell'art. 1, comma 495, lettera a), della legge 27 dicembre 2017, n. 205, il quale ha previsto la modifica dell'art. 4, comma 2.

Il combinato disposto delle due previsioni legislative ha profondamente innovato il sistema previgente in relazione ai parametri da tenere in considerazione nell’allocazione e nella dislocazione territoriale delle sedi notarili.

La novella legislativa ha, infatti, determinato un effetto immediato sull’attuale assetto delle sedi notarili, imponendo una revisione della tabella sinora vigente, predisposta sulla base di parametri di riferimento in parte largamente superati.

Sottolinea la relazione che l’ultima revisione della tabella notarile era stata effettuata con decreto del Ministro della giustizia 28 febbraio 2013, emanato in attuazione di quanto disposto dall’art. 12, comma 1, della legge 24 marzo 2012, n. 27, che al fine di liberalizzare le professioni, favorire l’accesso a esse e garantire un più efficiente sistema concorrenziale ha aumentato di 500 il numero dei posti, stabilendo che, comunque, la distribuzione sul territorio dovesse avvenire secondo quanto stabilito dall’art. 4 legge notarile.

Il che, peraltro, ha imposto una complessa attività di riallocazione delle sedi, aumentate in modo consistente dal legislatore senza che, successivamente, sia stato possibile coprirle, né in sede di assegnazione delle stesse ai notai di prima nomina, né in occasione dei trasferimenti riservati ai notai in esercizio.

Evidenzia il documento di provenienza ministeriale che l’aumento delle sedi operato nel 2013 non aveva fatto applicazione obiettiva ed esclusiva dei criteri dettati dalla legge notarile, che, se applicati correttamente, sono in grado di orientare la discrezionalità dell’amministrazione anche nel senso di portare alla eliminazione di sedi “improduttive” e di posti di notaio in eccesso rispetto alla richiesta di servizio notarile.

Il mutato quadro normativo e i profondi cambiamenti sociali ed economici che si sono registrati soprattutto nell’ultimo triennio - a causa della pandemia da Covid-19, ma anche delle ripercussioni a livello globale del conflitto russo-ucraino - e che sono tuttora in corso, hanno dunque imposto a tutti i decisori una riflessione più generale sull’attuale numero e ripartizione territoriale delle sedi nei vari distretti, sulla base dei nuovi presupposti individuati dal legislatore e della loro astratta attitudine a generare un discostamento, non solo in eccesso, ma anche in difetto, rispetto alle previsioni attuali, con conseguente necessità di una ridefinizione delle stesse in maniera più equilibrata.

Alla luce dei criteri indicati dalla disposizione sopra riportata e tenuto conto della ratio di fondo sottesa al procedimento di revisione delle tabelle notarili, rappresentata dalla necessità di assicurare che l’attività notarile – e, quindi, il munus publicum – venga svolta in conformità a legge, assicurando il miglior servizio possibile ai cittadini, sia sul piano logistico (estensione del territorio, mezzi di comunicazione), sia sul piano del corretto esercizio delle funzioni demandate dalla legge ai notai, evitando tuttavia concentrazioni territoriali non necessarie alla luce del nuovo parametro rappresentato dalla “variazione statistica tendenziale del numero e della tipologia degli atti ricevuti o autenticati dai notai”, il Ministero ha effettuato le prescritte interlocuzioni con i consigli notarili distrettuali e con le Corti d’appello.

Il Ministero, anche al fine del miglior esercizio della discrezionalità amministrativa, intesa come ponderazione dei singoli parametri indicati in astratto dal legislatore, ha ritenuto di investire, nell’ambito del complesso procedimento di revisione tabellare, anche la Cassa nazionale del notariato, tenuto conto dei possibili effetti di una rimodulazione dei posti notarili sull’equilibrio economico e finanziario della gestione del nostro ente, oggetto tra l’altro di vigilanza ministeriale.

Prosegue la relazione sottolineando che una efficiente ripartizione delle sedi notarili sul territorio, operata evitando la concentrazione indiscriminata del numero dei notai in un contesto territoriale ravvicinato, può avere effetti positivi anche sulla tenuta del sistema previdenziale gestito dalla Cassa del notariato, in quanto tendente a prevenire frammentazione eccessiva della concorrenza che, in ultima analisi, appesantisce il sistema solidaristico mediante il ricorso sempre più frequente all’istituto dell’attribuzione di assegni di integrazione in favore dei notai in difficoltà economica.

Il Ministero ha inoltre ritenuto opportuno richiedere al Consiglio nazionale del notariato di fornire un parere sulla questione, anche in considerazione di quanto statuito dalla giurisprudenza amministrativa (v. Consiglio di Stato sent. 16 novembre 1985, n. 532) secondo cui l’audizione del Consiglio, che ha luogo nella prassi, pur quando non prevista dalla legge, è manifestazione di doverosa attenzione alle valutazioni politiche dell’organo esponenziale di rappresentanza della categoria.

Infine, ma non ultimo, l’istruttoria compiuta ha tenuto conto anche dei dati forniti dall’amministrazione degli archivi notarili, specie con riferimento alla acquisizione delle statistiche notarili.

Ciò posto, l’art. 4 della legge n. 89 del 1913 non stabilisce una prevalenza tra l’uno e l’altro dei criteri tracciati, anche se occorre dare atto che i criteri dei quali si è prioritariamente tenuto conto, perché inevitabilmente più soggetti a mutamenti nel tempo e nel contesto socio-economico, sono quelli della popolazione e della variazione statistica tendenziale del numero e della tipologia degli atti ricevuti o autenticati dai notai, posto che nella dinamica dell’economia moderna il ruolo preminente nella professione notarile è dato dall’entità e dal valore delle negoziazioni.

Una riflessione molto importante anche per il futuro è quella secondo la quale il Ministero ha ritenuto che i criteri dell’estensione del territorio (ovvero la dimensione dei distretti) e i mezzi di comunicazione non costituiscano criteri di attualità o tendenzialmente prevalenti, tenuto conto di quanto è emerso pressoché uniformemente dai pareri dei Consigli notarili distrettuali circa la assenza di difficoltà significative - al giorno d’oggi - negli spostamenti da parte dell’utenza, la mancanza di segnalazioni di disservizi ricollegati alla mancata copertura di sede in un dato territorio e, infine, la prevista competenza territoriale dei notai estesa su tutta la regione ove è ubicata la sede.

Quanto al parametro legale della popolazione residente, è del tutto notorio, come emerge dalla disamina dei dati ISTAT, che l’Italia sta attraversando una lenta e inesorabile decrescita.

Osservando, quindi, l’evoluzione tendenziale statistica nel periodo 2012-2020 della popolazione residente, come aggregato demografico, del numero dei notai in esercizio e del numero di atti notarili, si evince che i relativi dati seguono andamenti discordanti: alla continua tendenziale crescita del numero dei notai (+12,66%) corrisponde, infatti, una limitata crescita della popolazione residente (+0,17%) e, a questo risultato, fa da contraltare una consistente e continua decrescita del numero degli atti (-6,31%) e, quindi, dell’attività notarile.

Questa discordanza risulta ancora più accentuata negli ultimi cinque anni del periodo considerato (2016-2020).

E invero, la componente demografica mostra un costante decremento (-1,69%), mentre l’attività notarile risulta essere fortemente colpita, con una sostanziale diminuzione di atti (- 10,52%), evidenziando come il trend tra numero di notai in esercizio e la relativa produttività divergano radicalmente.

Con riferimento al parametro della variazione tendenziale del numero e della tipologia di atti ricevuti o autenticati dai notai, l’analisi condotta attraverso il contributo della Cassa nazionale del notariato e dei consigli notarili distrettuali, oltre che del Consiglio nazionale del notariato, ha avuto come riferimento temporale un arco di cinque anni (2016-2020) e si è basata principalmente sull’analisi della domanda del servizio notarile, sulla quantità e qualità del servizio offerto, sull’andamento tendenziale degli atti notarili e, in ultimo, sul rischio o probabilità della Cassa di corrispondere un maggior numero di assegni di integrazione in conseguenza dell’aumento del numero dei notai potenzialmente beneficiari dell’emolumento.

E invero, tramite la Cassa nazionale del notariato, sono stati acquisiti ed esaminati i dati, economici, repertoriali, numerici e quantitativi. Nella valutazione della variazione tendenziale del numero degli atti iscritti a repertorio è stato operato uno “spacchettamento” del dato, in quanto dal dato generale si è estratto quello riguardante i soli atti di compravendita immobiliare che, come è noto, rappresentano il core business dell’attività notarile.

Il rapporto fra il numero totale degli atti iscritti a repertorio e il numero totale delle compravendite immobiliari si attesta a livello nazionale nella misura del 28%: il che significa che un atto su tre è una compravendita immobiliare.

Nel periodo di tempo esaminato, mentre il dato generale “medio” del numero degli atti iscritti a repertorio si attesta in zona negativa (-4% rispetto al quinquennio precedente) quello, sempre medio, relativo agli atti di compravendita immobiliare si attesta in zona positiva (+2% rispetto al quinquennio precedente) pur con significative differenze tra Regione e Regione.

In generale, tuttavia, si è registrato in quasi tutti i distretti notarili un costante calo del numero degli atti iscritti a repertorio; il dato in esame è dunque in netta e progressiva flessione negativa.

Per saggiare la domanda di servizio notarile sul territorio è stato analizzato, sia in ambito territoriale regionale, che in ambito territoriale distrettuale/provinciale il rapporto fra residenti e numero di atti iscritti a repertorio.

Seppur figurativo, tale indicatore consente di rilevare, oltre alla peculiare densità della popolazione residente, la scarsa propensione di quest’ultima a domandare il servizio notarile. In ambito nazionale il rapporto è di un atto notarile ogni 13 abitanti, ma in ambito regionale si registrano indici ben superiori al dato medio.

La relazione ministeriale molto minuziosamente evidenzia, Regione per Regione, il rapporto tra il numero degli atti e la popolazione residente.

Si riportano di seguito quelli più significativi: 

nelle regioni Sicilia e Campania il rapporto è di un atto notarile ogni 21 residenti, nelle regioni Calabria e Puglia il rapporto è di un atto notarile ogni 18 residenti, nella regione Lombardia il rapporto è di un atto notarile ogni 10 residenti, nel Trentino-Alto Adige il rapporto è di un atto notarile ogni 9 residenti e nella Valle d’Aosta il rapporto è di un atto notarile ogni 4 residenti.

Per valutare la richiesta del servizio notarile il Ministero ha utilizzato anche il dato concernente il numero medio degli atti notarili stipulati per notaio.

Negli ultimi cinque anni, ogni notaio ha ricevuto mediamente 595 atti all’anno, ma in Molise e in Sicilia la media annuale individuale scende a circa 450 unità, in Trentino Alto Adige sale a 681 unità, in Lombardia sale ancora a 730 unità. Riepilogando, per tale indicatore le regioni che hanno fatto registrare un dato superiore alla media nazionale sono: Lazio, Lombardia, Trentino Alto Adige, Umbria e Veneto; quelle che hanno fatto registrare un dato inferiore alla media nazionale sono (in ordine alfabetico): Abruzzo, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana e Val d’Aosta; quelle in linea con la media nazionale sono la Basilicata, l’Emilia Romagna ed il Friuli Venezia Giulia.

Alla luce delle considerazioni che precedono e dall’analisi dei dati economici, repertoriali e quantitativi raccolti si desume, in definitiva, che l’attuale dotazione organica della tabella notarile, intesa come numero complessivo delle sedi e dei posti di notaio assegnati a ciascuna sede, è sovradimensionata rispetto alla richiesta di “servizio notarile” pressoché in ogni territorio e in ogni regione, con conseguente necessità di procedere a una revisione tabellare che operi la soppressione di alcune sedi notarili cronicamente vacanti perché improduttive e riduca i posti di notaio in quelle sedi nelle quali sono in eccesso rispetto alla richiesta di servizio notarile.

Le valutazioni effettuate dai Presidenti dei Consigli notarili distrettuali vanno peraltro tutte in questa direzione e alla luce di esse, tenuto conto del trend negativo del numero degli atti, di quello ugualmente negativo del dato economico-repertoriale, del fatto che il servizio notarile così come prestato soddisfa ampiamente la richiesta dei territori - non essendo mai pervenute segnalazioni di disservizi da parte dei cittadini nell’accesso alla prestazione notarile - delle proposte “soppressive” e anche “riallocative” formulate, si è operata una riduzione del numero complessivo dei posti di notaio nell’ordine del 4,4% sul totale dei 6270 posti in tabella, l’aumento di 5 posti di notaio in quelle sedi (Soverato, Alassio, Caraglio, Ceva, Racconigi) dove è stata riscontrata l’esigenza di offrire ai cittadini un servizio notarile più efficiente, l’istituzione di 4 nuove sedi in quei comuni attualmente sprovvisti (Medolla, Carcare, Marene e Sersale) che, invece, per la dinamicità degli affari e dell’economia richiedono la presenza del servizio notarile in loco.

Il Ministero ha ritenuto che in tal modo si attui una migliore e più proficua distribuzione delle sedi e dei posti di notaio in ambito regionale, ma anche in proiezione nazionale, non soltanto sul piano meramente logistico, ma con riflessi positivi volti ad assicurare il miglior servizio possibile agli utenti.

In conclusione, grazie al “lavoro di squadra” tra Cassa Nazionale, Consiglio Nazionale del Notariato e Consigli Notarili Distrettuali, il Ministero, anche sulla scorta delle valutazioni espresse dalle Corti d’Appello, ha potuto valutare nel modo più corretto le vere necessità della popolazione in ordine al servizio notarile. Uno dei dati più significativi della relazione è quello secondo il quale non vi è stata nessuna lamentela da parte della popolazione, in nessuna parte del territorio nazionale. E di questo dobbiamo tutti quanti andare fieri perché non si tratta di un giudizio di valore espresso dal Ministero, ma di una constatazione che deriva dall’assenza di lamentele.

Notaio Roberto Martino