L'editoriale del notaio Roberto Martino, responsabile Comunicazione Cassa del Notariato
Newsletter Comunicazione 10 Novembre 2022
Il LVI Congresso Nazionale del Notariato si è caratterizzato anche per uno spazio significativo riservato alla Cassa Nazionale.
La tavola rotonda, tra gli altri temi, ha affrontato quello del futuro previdenziale dei giovani e, in particolare, dei giovani notai.
Si tenterà qui di dare un quadro, in parte sociologico, di questo aspetto.
Quando si è giovani la pensione non è certamente tra i primi pensieri.
E’ un rifiuto legittimo: anche nella nostra professione, a parte qualche eccezione, molti giovani fanno fatica a mantenere un adeguato livello di reddito. Non sono solo i numeri ad evidenziarlo. Lo dice anche una diversa organizzazione del lavoro: l’abbandono del modello di studio con molti collaboratori settorializzati e l’adozione di un modello “leggero” connotato da grande elasticità in cui il notaio si occupa anche di aspetti un tempo affidati interamente al personale di studio. Sempre più notai si occupano direttamente delle formalità, di predisporre e presentare dichiarazioni di successione, di redigere direttamente gli atti. Questo nuovo modo di lavorare in parte dipende dalle difficoltà reddituali cui si faceva cenno e in parte dalla dimestichezza delle nuove generazioni con le tecnologie informatiche.
Al Congresso ho personalmente fatto qualche intervista volante di cui trascrivo il resoconto. Agli intervistati sono state poste le seguenti domande.
Giovane 1 (3 anni di esercizio professionale)
Giovane 2 (6 anni di esercizio)
Giovane 3 (8 anni di esercizio)
Le interviste sopra riportate sono in linea con i risultati di una ricerca condotta dalla COVIP (Commissione di vigilanza sui fondi pensione) nell’anno 2019 e contenuta nella “Guida introduttiva alla previdenza complementare”.
Nella ricerca si evidenziano, a livello generale:
La ricerca si sofferma in particolare sulle forme pensionistiche di “secondo e terzo pilastro” che hanno lo scopo di mantenere il più possibile invariato il tenore di vita delle persone una volta che sia cessata l’attività lavorativa.
I risultati della ricerca in ordine alla previdenza complementare sono i seguenti:
Da quest’ultimo dato emerge il sostanziale disinteresse dei giovani per la previdenza integrativa, probabilmente determinato dalla ridotta propensione al risparmio.
Da un’altra indagine campionaria effettuata dal Mefop (una società partecipata dal Ministero dell’economia e delle finanze per lo sviluppo del mercato dei fondi pensione) intitolata “Il welfare tra nuovi bisogni e conflitto generazionale” emerge che i principali problemi dei soggetti tra i 18 e i 34 anni sono le pensioni inadeguate, l’acquisto della casa, il mantenimento dei figli e la perdita del lavoro. L’indagine, a risposta multipla, evidenzia che tra i quattro problemi di cui sopra quello della inadeguatezza della pensione si posiziona al primo posto con evidente distonia tra questo risultato e quel 17,6% di chi, avendo meno di 35 anni, ha aderito ad una forma di previdenza complementare.
Dal quadro sopra evidenziato si può provare a trarre qualche conclusione, sottolineando tuttavia che il problema andrà ulteriormente approfondito.
Partendo dalla volutamente provocatoria domanda sul clima, vi sono questioni che per anni sono state dimenticate. Vent’anni fa non si parlava del clima nello stesso modo in cui se ne parla oggi. Nel corso del tempo, anche a seguito dell’emergenza, tutti abbiamo costantemente posto alla nostra attenzione le questioni climatiche. Non altrimenti avviene in campo previdenziale. E’ evidente che le due questioni non sono neppure lontanamente sovrapponibili. Tuttavia questo confronto, per certi versi paradossale, ci aiuta a capire l’urgenza di sensibilizzare i nostri giovani alle problematiche previdenziali e, in particolare, all’approfondimento delle tematiche inerenti la previdenza di secondo e di terzo pilastro.